Nella mente di ogni persona vi è un insieme di pensieri, emozioni, sentimenti, desideri, sogni, ricordi, paure, sofferenze e incertezze. Questi aspetti caratterizzano la quotidianità della persona e possono emergere in maniera equilibrata o prendere il sopravvento sulla situazione.
Se si compara la mente ad un oceano, le emozioni possono essere paragonate alle sue correnti che determinano la condizione del mare. Come avviene nella realtà le acque possono essere calme e tranquille, oppure turbolenti e tempestose. Ed è qui che viene messa in luce la maestria del marinaio: ci può essere colui che riesce a navigare tali correnti e a superare la tormenta, chi invece non avendo le capacità necessarie non può fare altro che lasciarsi naufragare.
Questa metafora può aiutare a comprendere ciò che succede alle persone nel momento in cui vivono un disequilibrio emozionale: alcune riescono a gestirlo perché hanno le risorse necessarie per affrontarlo; altre invece si lasciano sopraffare da esse andando a peggiorare la situazione.
Daniel Siegel, psichiatra statunitense, a questo proposito parla di mindsight, la “vista della mente”, che è alla base dell’intelligenza emotiva, ed è la capacità della persona di guardarsi dentro, di comprendersi maggiormente in modo tale da riuscire a dirigere l’attenzione su ciò che gli permette di riacquisire il suo equilibrio emotivo interno.[1]
La mindsight comprende la mente, il cervello e le relazioni e per renderlo maggiormente esplicativo Daniel Siegel afferma che:
la mente può essere raffigurata come una ruota di bicicletta, con un mozzo al centro e i raggi che si estendono verso il cerchione. Il cerchione rappresenta tutto ciò cui possiamo prestare attenzione o di cui possiamo diventare consapevoli: i nostri pensieri e sentimenti, i nostri sogni e desideri, i nostri ricordi, le percezioni del mondo esterno e le sensazioni del nostro corpo. Il mozzo è il luogo interno della mente, da cui diventiamo consapevoli di ciò che accade intorno a noi e dentro di noi; […] Il mozzo rappresenta parte del "cervello esecutivo", così chiamato perché è da qui che prendiamo le nostre decisioni migliori; ed è anche la parte del cervello che ci consente di stabilire un rapporto profondo con noi stessi e con gli altri. La consapevolezza ha sede nel mozzo ed è a partire da qui che possiamo concentrarci sui diversi punti del cerchione della nostra ruota.[2]
Pertanto, se un individuo dedica completamente la sua attenzione verso determinati aspetti, ossia soltanto in alcuni punti del cerchione, ne rimangono fuori molti altri che lo aiuterebbero ad avere un’integrazione tra i diversi lati del sé e lo favorirebbero ad arricchire il suo quadro osservativo di ciò che sta succedendo, portandolo ad affrontare la vita in maniera più serena. È importante che venga compreso che quei pensieri e aspetti emotivi sicuramente restano parte integrante della persona, ma non rappresentano la totalità del suo essere.[3]
Ad esempio, se un educando si trova in uno stato di agitazione perché nell’ora successiva deve svolgere un compito in classe, potrebbe sentirsi bloccato in tale aspetto e il rischio è che il flusso dei suoi pensieri e il suo stato emotivo lo sovrasti e non gli permetta di realizzare il compito in maniera ottimale. Con questo non si intende che bisogna portare il soggetto a non provare più agitazione, ma a far sì che quest’ultima non sia l’unico oggetto di attenzione dello studente e che sia integrata con altri elementi positivi, come la fiducia nelle sue capacità, il ricordo di tutti gli esercizi che ha svolto a casa, l’uscita con gli amici che farà nel pomeriggio, la merenda che ha per la ricreazione e così via.
Per cui l’aspetto cardine è la consapevolezza e le figure educative dovrebbero aiutare il soggetto a raggiungerla, in quanto nel momento in cui il ragazzo/bambino diviene consapevole di essere intrappolato su un pensiero specifico, riesce più facilmente a dislocare la sua attenzione e di conseguenza anche ad alterare il suo stato emotivo interno.
Una buona pratica per far avvenire questo cambiamento è dialogare con sé stessi, fare dei profondi respiri, immaginare luoghi o eventi piacevoli in grado di tranquillizzare il soggetto.
Questo può essere svolto anche con i bambini dai quattro anni che riescono a focalizzarsi sul proprio respiro con l’ausilio di giochi; «gli esercizi di mindsight consentono di aiutare i bambini a gestire le proprie ansie, frustrazioni e, per i bambini più grandicelli, anche intensi sentimenti di rabbia […] (gli esercizi) consentono loro anche di fiorire.»[4]
Quando il soggetto riesce a dialogare con sé stesso è capace di spostare il suo focus da ciò che lo influenza in modo nocivo a ciò che lo aiuta a calmarsi e questa abilità trasformativa porta con sé effetti benefici per tutta la vita.
In conclusione, è importante ribadire che:
Indirizzando la nostra attenzione, possiamo passare dall'essere influenzati da fattori interni ed esterni a noi all'influenzare tali fattori. Quando ci rendiamo conto della moltitudine di emozioni e forze mutevoli all'opera intorno a noi e dentro di noi, possiamo accettarle e persino accoglierle come parti di noi - ma non dobbiamo necessariamente consentire loro di spadroneggiare o di definire chi siamo. Possiamo spostare l'attenzione su altri punti del cerchione della nostra ruota della consapevolezza, per non essere più vittime di forze apparentemente al di fuori del nostro controllo, bensì partecipanti attivi del processo di scelta e di determinazione dei nostri pensieri e sentimenti.[5]
[1] Cfr. Daniel SIEGEL, Mappe per la mente. Guida alla neurobiologia interpersonale, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014, p. 22-2. [2] Daniel J. SIEGEL, Tina Payne BRYSON, 12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino, Milano, R. Cortina, 2012, p.102. [3] Cfr. Daniel J. SIEGEL, Mindsight: la nuova scienza della trasformazione personale, Milano, R. Cortina, 2011, p.3. [4] Daniel J. SIEGEL, Tina Payne BRYSON, 12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino, Milano, R. Cortina, 2012, p.123. [5] Ivi, p.111.
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